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Marsiglia, invece

All’epoca della mia escursione ad Aubagne, mi sono perso un’occasione preziosa per saperne di più su una “diversa” Marsiglia. In compagnia di una persona dal ragguardevole passato non prestai molta attenzione a quanto di carattere sociale e di costume mi stava dicendo, perché tutto teso a prepararmi e a fare domande, dal medesimo puntualmente ed elegantemente eluse, sui suoi trascorsi di protagonista della Resistenza, anche in Costa Azzurra.

Soprattutto per quanto riguarda La Canebière, la via più famosa di Marsiglia, nella quale volle a tutti i costi recarsi. A me La Canebière sinceramente non é piaciuta, non fosse altro per l’ininterrotto traffico veicolare che la soffoca, ma mi sono meglio reso conto in seguito che da lungo tempo é il salotto della città, nel quale si sono sviluppate un numero incredibile di vicende. E così, pescando a caso nella memoria delle mie letture, posso maldestramente citare gruppi di belle ragazze a passeggio per destare l’ammirazione maschile. In letteratura, invero, Marsiglia é stata teatro o riferimento di tante opere. Credo che Jean-Claude Izzo, dal quale penso di avere tratto le immagini femminili di cui poc’anzi, ne sia stato l’ultimo grande cantore. Avendone già scritto ed essendo abbastanza noto, mi limiterò a lodare in lui, scrittore di noir, il grande cuore cosmopolita.

E l’alberghetto di Marsiglia davanti al quale mi lasciarono, ormai nel cuore della notte, gli anfitrioni che mi avevano accompagnato ad Aubagne fu un po’ come un tocco finale di quella mia lontana “escursione”. A me sembra ancora adesso, per farla breve, tratto di peso da un qualche romanzo dove compare Maigret, con la differenza che io mi trovavo a Marsiglia e non a Parigi. Solita tappezzeria un po’ … trasandata, solito rubinetto che sgocciolava, solita persiana che cigolava al vento, solite voci di donne e uomini: queste cose, nonostante il … mal di testa [si da il caso che tra la guida spericolata di cui avevo detto in un altro post, un mangiare affrettato fatto non so più dove e qualche sorso di grappa (sì a me sembra ancora adesso grappa, mentre in Francia c’é dell’ottimo cognac che é un vero medicinale), servita in precedenza da una cameriera nel bar della “mamma dei legionari”, io da un po’ ormai, ad usare un eufemismo, avevo alquanto di emicrania] me le ricordo, così come mi ricordo di avere dormito ben poco.

Grande emozione mi viene data dalla vicenda della fondazione di Marsiglia ad opera dei Greci di Focea (partiti dall’Asia Minore) e, all’epoca di Alessandro Magno, dal cosiddetto periplo di Pitea, partito dal porto di questa città alla ricerca diretta di ambra e stagno verso ed oltre la Norvegia (l’ultima Thule degli antichi), costeggiando all’andata da occidente le isole britanniche, al ritorno l’attuale Germania. Perché si sa delle espansioni e degli empori degli antichi Massalioti verso l’odierna Spagna, ma anche, trascurando le lotte contro i Liguri, gli Etruschi ed altri popoli, della loro fondazione di Antibes, di Nizza, di Monaco, così vicine al nostro confine.

Mi sembra, tuttavia, doveroso una volta di più lasciare la completezza di informazioni di ordine storiografico a sedi più competenti.

Di o su Marsiglia, ancora. Il racconto dello zio materno (solo ora mi viene in mente che ha lavorato anche là) sulla rudezza, ad usare un eufemismo, della polizia (o gendarmeria) in un banale, banalissimo caso. Ancor prima l’amico di sempre Gianfranco Raimondo (seguitelo su Facebook e nei gruppi che lì ha creato! troverete altri episodi, suoi e di terzi, resi con grande vivacità!) che, in visita dalla zia e già allora appassionato delle due ruote, ne approfitta per salutare all’albergo la squadra italiana (era ancora l’epoca – il 1950, credo! – delle compagni nazionali) di ciclismo (Binda commissario tecnico, Bartali, Magni, ecc), per ritrovarsi illustrato nella foto di gruppo all’uopo pubblicata su famoso quotidiano sportivo come povero bambino italiano emigrato! Più indietro nel tempo la fuga da Marsiglia intorno all’8 settembre 1943 quale fante dell’Armata italiana prima occupante, in quel momento in pieno sbando, nella conversazione di un altro caro conoscente.

Di mio, invece. Il ben noto ventaccio di Marsiglia. In un dicembre di diversi anni fa, in una Marsiglia veramente flagellata, dal sagrato di Notre Dame de la Garde sembrava che l’isolotto d’If venisse, insieme a tutte le memorie del Conte di Montecristo, da un momento all’altro inghiottito dalla furia del mare. La meravigliata sensazione destata dai tanti colori e dai tanti odori dei prodotti (quasi del tutto a me ignoti, a parte datteri e pistacchi) del sud del Mediterraneo, esposti nelle bancarelle di negozietti nelle strette vie vicine al Porto Vecchio. L’emozione ancestrale davanti alla stele che ricorda Pitea (e ad altri similari lacerti di storia), soprattutto!